"It feels as if it has a soul"
Così ci scrisse, tempo fa, una signora inglese in una recensione, parlando della nostra casa. Ed è vero: è la prima sensazione che abbiamo provato anche noi, quando l'abbiamo visitata per la prima volta, ormai dodici anni fa.
La stessa sensazione che abbiamo provato ogni volta, durante la ricerca del luogo dove dare vita al nostro progetto. Ogni vecchia casa, ogni vecchio fienile da ristrutturare, ogni singola pietra ci parlavano della storia delle persone che erano vissute in questi luoghi bellissimi e duri; non le storie dei principi del castello, ma quelle delle persone comuni che dovevano difendersi dal freddo anche a costo di tagliare le travi del tetto (sì, è successo davvero nella nostra stalletta ora adibita a casa dei gatti); che operosamente macinavano mais e castagne nei mulini ad acqua che sorgevano lungo il Rio Brugnola e che ora sono scomparsi o hanno cambiato volto; che , pietra su pietra, costruivano case che durano da più di cent'anni.
Il signore che ci ha venduto questa casa , il Tonino (partigiano Cric, come anche era conosciuto), anche lui era emigrato in America e sembra che lì avesse fatto fortuna. La cosa curiosa, testimoniata dal catasto, è che comprò questa casa mentre si trovava a New York. Il notaio che registrò l'atto si chiamava John Solitario, come un personaggio di Little Italy uscito da un film di Scorsese. Prima ancora, era appartenuta a due sorelle che avevano sposato due fratelli, negli anni '20-30 del secolo scorso; dopo il matrimonio, una andò in California, tanto che uno dei suoi figli divenne giudice della Corte Suprema e partecipò anche al processo contro O.J Simpson. L'altra si stabilì a New York ed è lì che avvenne la vendita. E' difficile ricostruire queste vite, che sentiamo vicine anche se riguardano perfetti sconosciuti. Ma ogni tanto gli anziani con cui ci piace parlare buttano lì un ricordo, qualche volta compaiono all'improvviso parenti lontani che tornano qui a rivedere i luoghi delle loro famiglie e allora partono i racconti di quando a Brugnola c'era la scuola e i bambini portavano non solo il quaderno, ma anche un pezzo di legno per scaldare l'aula. O di quando, durante la guerra, giocavano con le bombe a mano nasoste dai partigiani, nascosti nelle stalle e nei boschi. [Ringraziamo Gigi per questi ricordi e il signor Vito F. che abbiamo conosciuto l'estate scorsa. Anche se in modo imperfetto e confuso, vogliamo scrivere questi racconti perché non vadano persi del tutto]
Perché ci è venuto in mente di raccontarvi queste storie? Perché ci siamo ricordati di quel vecchio termometro in metallo e mercurio che avevamo trovato in cantina e che avevamo chiuso in una scatola per restaurarlo. Pochi giorni fa, abbiamo riaperto quella scatola. E il termometro, stanco di starsene lì in silenzio, ha iniziato a parlare di come è arrivato qui. Dallo stato di New York al borgo sperduto di Brugnola.
Ora potrà parlare a tutti, anche ai nostri ospiti, dal muro della sala colazioni. Basta saperlo ascoltare.